Clapton is God – Eric Clapton, il “Signore del blues” e “Slowhand”
Una vita segnata dal susseguirsi di disastri esistenziali quella di Eric Clapton, nato il 30 marzo 1945: la scoperta di essere quasi orfano e di essere stato cresciuto dai nonni e non dai genitori, con una sorella che in realtà era la madre, la droga e l'alcolismo che lo hanno portato sul baratro. E ancora: le donne, gli amori impossibili, la tragedia della morte assurda di Connor (il figlio di solo 4 anni avuto da Lory Del Santo) precipitato dalla finestra di un grattacielo. La malattia degenerativa che lo ha portato, alla veneranda età di 72 anni, a mettere da parte la musica.
Ho provato molto dolore negli ultimi anni. Tutto è cominciato con un dolore nella parte inferiore della schiena, dolore che è degenerato in quella che si chiama neuropatia periferica, una cosa che ti porta a sentire una sorta di scossa elettrica lungo le gambe.
ha dichiarato l'artista nel corso di un'intervista a Classic Rock.
Eric Clapton non è il solito genio. Da piccolo non aveva spiccate abilità musicali, non sapeva cantare: imparare la chitarra si rivelò molto difficile, tanto che spesso fu sul punto di abbandonarla.
Eppure, quando per il suo tredicesimo compleanno ricevette in regalo una chitarra spagnola Hoya, fu amore a prima vista. La passione più grande fu una chitarra in una vetrina di Hollyfield, una Hoyer di fabbricazione tedesca. Il blues fu più un'esigenza che una vera e propria vocazione. Ma la passione e la perseveranza l'hanno ricompensato, tanto da annoverarlo per ben 3 volte, nella Rock & Roll Hall of Fame (due come chitarrista dei Yarbirds e dei Cream, la terza come solista).
La carriera artistica di Clapton fu costellata da numerosissime collaborazioni e una frequente ma poco assidua militanza in moltissimi gruppi (tra cui The Yardbirds, John Mayall & the Bluesbreakers, Cream, Blind Faith, Delaney & Bonnie, Derek and the Dominos). Tuttavia, non riuscì ma a trovare l'armonia giusta per lavorare in squadra.
Dopo avere suonato in molte blues band inglesi nei primi anni '60, (Roosters), con gli Yarbirds raggiunse la fama. Ma fu solo l'uscita nel 1966 del disco Bluesbreakers with Eric Clapton che portò l'artista alla ribalta internazionale.
Clapton is God (Clapton è Dio) è diventato uno dei simboli rock del vecchio secolo. La metropolitana di Londra, divenne testimone indiscussa del successo straordinario di quel ragazzetto proveniente da un piccolo villaggio inglese.
Il carattere nomade e irregolare lo portò ad abbracciare la carriera di solista già negli anni '70. Una parentesi, la sua, aperta dopo una profonda crisi: la morte improvvisa di Jimi Hendrix (al quale era legato da grande stima ma anche da competizione) lo gettò in un abisso di sconforto. Ci vorranno degli anni e l'aiuto di amici come Pete Townshend per ritornare sul palco: ma da quel momento in poi, la sua fu una continua ascesa. Tutti gli album pubblicati della metà degli anni '70 (There's One In Every Crow, E.C. Was Here e No Reason To Cry) si piazzarono nella Top 20. Nel 1977 Slowhand ricevette tre volte il disco di platino. Anche gli anni '80 confermarono lo strepitoso successo dell'artista e lo stesso Clapton sembrava aver trovato la stabilità in una vita così profondamente scossa e segnata.
Eppure, nel 1991, un'altra vicenda mette a dura prova il chitarrista: una tragedia che chiede a Clapton il prezzo più alto da pagare. Dalla terribile morte del figlio Connor, presero corpo le struggenti parole di Tears in Heaven, una canzone (registrata poi come colonna sonora del film Rush) che raggiunse le più alte vette delle classifiche mondiali e che di fatto, segnò il ritorno definitivo al blues.
I must be strong
And carry on,
'Cause I know I don't belong
Here in heaven
Tears in Heaven - Eric Clapton
Pioniere di uno stile ben lontano da assoli stupefacenti, fraseggi fini a se stessi e virtuosismi eccessivi (dopotutto è slowhand, mano lenta), Eric Clapton è diventato un professore generazionale, uno dei più copiati e invidiati chitarristi del nostro tempo. Un uomo che è riuscito a riversare il vissuto nella musica, la sensibilità nelle punta delle dita, creando qualcosa di straordinario, legando il suo nome a quello di leggenda.
Sono sopravvissuto all'alcolismo e alla dipendenza da droghe - ha dichiarato, sempre nella stessa intervista a Classic Rock -considero una gran cosa essere ancora vivo.
(Eleonora Vergine per MIfacciodiCultura)