Il cervello dei chitarristi è diverso
Il cervello di un chitarrista funziona in modo diverso da quello di chi
non fa musica e addirittura di chi suona un altro strumento. A dirlo
sono gli studi effettuati da un'università tedesca e da due istituti di
ricerca statunitense.
Il
cervello di un chitarrista funziona in modo diverso da quello di chi
non fa musica e addirittura di chi suona un altro strumento. A dirlo
sono gli studi effettuati da un'università tedesca e da due istituti di
ricerca statunitense.
Nel 2012 un istituto di ricerca
universitaria a Berlino ha effettuato uno studio sui processi cognitivi
dei chitarristi e le loro reazioni cerebrali quando impegnati a
improvvisare o a suonare in duetto. I risultati sono impressionati.
Dalla
ricerca è emerso che il cervello di un chitarrista funziona in un modo
del tutto diverso rispetto a quello di una persona che non suona alcuno
strumento, ma anche di chi suona altri strumenti.
L'esito del lavoro è descritto in questo articolo. Per chi non digerisse il linguaggio tecnico, in questo articolo sono riassunti i risultati, completi di alcune interessanti considerazioni in merito.
Per chi non dovesse digerire nemmeno la lingua inglese, ecco cosa è emerso dallo studio tedesco.
I
ricercatori hanno sottoposto a dodici coppie di chitarristi una
versione modificata di un rondo di C.G. Scheidler da eseguire in duetto.
Monitorando
le reazioni dei loro cervelli, hanno notato che le onde cerebrali dei
due musicisti impegnati a eseguire il brano si sono sincronizzate non
solo durante l'esibizione, ma anche poco prima di cominciare a suonare.
I
musicisti avevano stabilito un contatto che potrebbe spiegare in modo
scientifico ciò che si intende come "feeling" all'interno di una band. Quanto emerso da una ricerca eseguita dall'Università di Vanderbilt,
nel Tennessee, dimostra inoltre che i chitarristi sviluppano le proprie
conoscenze musicali in un modo tutto loro. Diversamente dai musicisti
maggiormente legati alla lettura degli spartiti, come i pianisti per
esempio, i chitarristi sono portati a imparare a suonare per emulazione,
osservando gli altri e catturandone suoni e tecniche. Ciò li rende dei
musicisti estremamente istintivi e slega la loro conoscenza musicale da
quelle zone del cervello solitamente collegate con le nozioni
scientifiche.
A sostegno di questa evidenza (e delle incredibili
capacità del cervello umano), i ricercatori portano l'esempio del
chitarrista Pat Martino che, a seguito di un'operazione al cervello in
cui gli venne rimosso circa il 70% del lobo temporale, non risultò più
capace di suonare la chitarra, ma riuscì a recuperare tutta la sua
tecnica in soli due anni.
Va detto, però, che in linea di massima
tutti i musicisti presentano determinati processi cognitivi in comune,
che li differenziano dai non musicisti.
Una terza ricerca
evidenzia come un musicista che improvvisa "spenga" certe parti del
cervello che in un qualunque individuo si disattivano in automatico al
raggiungimento di un grosso obiettivo a lungo termine, come a passare da
uno stato vigile a uno di incoscienza.
Quando è stato chiesto di
fare lo stesso a un non-musicista, il suo cervello è rimasto attivo per
tutto il tempo. Ciò farebbe pensare che un musicista è in grado di
passare a piacimento da una modalità di pensiero pragmatico a una più
creativa e intuitiva.
pubblicato il 12 maggio 2014 accordo.it