Il cervello dei chitarristi è diverso

10.04.2017

Il cervello di un chitarrista funziona in modo diverso da quello di chi non fa musica e addirittura di chi suona un altro strumento. A dirlo sono gli studi effettuati da un'università tedesca e da due istituti di ricerca statunitense.


Il cervello di un chitarrista funziona in modo diverso da quello di chi non fa musica e addirittura di chi suona un altro strumento. A dirlo sono gli studi effettuati da un'università tedesca e da due istituti di ricerca statunitense.
Nel 2012 un istituto di ricerca universitaria a Berlino ha effettuato uno studio sui processi cognitivi dei chitarristi e le loro reazioni cerebrali quando impegnati a improvvisare o a suonare in duetto. I risultati sono impressionati.
Dalla ricerca è emerso che il cervello di un chitarrista funziona in un modo del tutto diverso rispetto a quello di una persona che non suona alcuno strumento, ma anche di chi suona altri strumenti.
L'esito del lavoro è descritto in questo articolo. Per chi non digerisse il linguaggio tecnico, in questo articolo sono riassunti i risultati, completi di alcune interessanti considerazioni in merito.
Per chi non dovesse digerire nemmeno la lingua inglese, ecco cosa è emerso dallo studio tedesco.
I ricercatori hanno sottoposto a dodici coppie di chitarristi una versione modificata di un rondo di C.G. Scheidler da eseguire in duetto.
Monitorando le reazioni dei loro cervelli, hanno notato che le onde cerebrali dei due musicisti impegnati a eseguire il brano si sono sincronizzate non solo durante l'esibizione, ma anche poco prima di cominciare a suonare.
I musicisti avevano stabilito un contatto che potrebbe spiegare in modo scientifico ciò che si intende come "feeling" all'interno di una band. Quanto emerso da una ricerca eseguita dall'Università di Vanderbilt, nel Tennessee, dimostra inoltre che i chitarristi sviluppano le proprie conoscenze musicali in un modo tutto loro. Diversamente dai musicisti maggiormente legati alla lettura degli spartiti, come i pianisti per esempio, i chitarristi sono portati a imparare a suonare per emulazione, osservando gli altri e catturandone suoni e tecniche. Ciò li rende dei musicisti estremamente istintivi e slega la loro conoscenza musicale da quelle zone del cervello solitamente collegate con le nozioni scientifiche.

A sostegno di questa evidenza (e delle incredibili capacità del cervello umano), i ricercatori portano l'esempio del chitarrista Pat Martino che, a seguito di un'operazione al cervello in cui gli venne rimosso circa il 70% del lobo temporale, non risultò più capace di suonare la chitarra, ma riuscì a recuperare tutta la sua tecnica in soli due anni.
Va detto, però, che in linea di massima tutti i musicisti presentano determinati processi cognitivi in comune, che li differenziano dai non musicisti.
Una terza ricerca evidenzia come un musicista che improvvisa "spenga" certe parti del cervello che in un qualunque individuo si disattivano in automatico al raggiungimento di un grosso obiettivo a lungo termine, come a passare da uno stato vigile a uno di incoscienza.
Quando è stato chiesto di fare lo stesso a un non-musicista, il suo cervello è rimasto attivo per tutto il tempo. Ciò farebbe pensare che un musicista è in grado di passare a piacimento da una modalità di pensiero pragmatico a una più creativa e intuitiva.

                                                                                                        



pubblicato il 12 maggio 2014 accordo.it


                                                                                               

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