L' Arte delle Muse

05.04.2021

Il termine "musica" deriva dal greco "mousiké" che significa "l'arte delle muse".

Era l'insieme di poesia, musica e danza, unite in una sola rappresentazione in cui le varie arti si adeguavano reciprocamente, adattando i versi al ritmo degli strumenti ed entrambi al movimento del corpo. Nel corso dei secoli musica e poesia hanno raggiunto livelli di autonomia, che costringono all'oblio le origini comuni.

La loro madre era Mnemosine era la dea della memoria. La memoria era piuttosto importante per la musica, poiché a quel tempo la composizione musicale veniva "conservata" solo nella memoria. Il loro padre era il dio Zeus.

Secondo gli antichi greci, il "potere della musica" sta nel fatto che può influenzare la morale delle persone, agendo sulle loro passioni e debolezze; allo stesso tempo tocca la parte dell'anima avendo un effetto curativo.

L'importanza delle muse nella religione greca era elevata: esse rappresentavano l'ideale supremo dell'Arte, intesa come verità del "Tutto" ovvero l'«eterna magnificenza del divino»

Platone, Aristotele e altri filosofi formulano la teoria etica della musica. Secondo la teoria morale della musica, in ogni movimento ritmico e melodico c'è una corrispondente reazione emotiva.

La teoria dell'etica approfondisce l'indagine estetica dei parametri strutturali della musica esaminando l'ethos della melodia, delle armonie, dei generi e dei ritmi.

L'educazione del giovane greco si basava su due basi: la prima era l'esercizio fisico, che mirava al raggiungimento di ottime condizioni fisiche, e la seconda era l'apprendimento della musica, che mirava a coltivare l'anima. Platone: "La musica è per colui la cui ginnastica è per il corpo".

Il più antico strumento musicale risale nel periodo neolitico (6000 a.C.) ed è un fischietto in osso con un foro che è stato trovato in Tessaglia in Grecia ed è esposto nel Museo di Volos.

Claudio Monteverdi e la teoria degli affetti

La nascita della moderna retorica musicale

Fino a piuttosto tardi nella storia della civiltà occidentale, la musica era prevalentemente vocale e quindi legata alle parole. Pertanto, i compositori erano naturalmente sottoposti alle "leggi" retoriche che governano i testi musicati, e anche dopo lo sviluppo della musica strumentale, i principi retorici hanno continuato per qualche tempo ad essere utilizzati non solo per la musica vocale ma anche per i lavori strumentali.

Fu nel Rinascimento che si sviluppò la "teoria degli affetti", che esaminava il rapporto tra la musica, i sentimenti che essa rappresenta e gli effetti che produce sull'animo umano. All'inizio, i compositori la impiegarono con una certa cautela; in seguito, in epoca barocca, i musicisti portarono alle estreme conseguenze l'utilizzo dei modi in cui l'intera gamma delle emozioni umane si esprimeva in musica: crearono anche una sorta di "catalogo" dei toni musicali che imitavano le passioni umane e i fenomeni naturali, in particolare rimarcando le parole più rilevanti del testo con dissonanze e cromatismi.

Nel XVII secolo le corrispondenze tra retorica e musica arrivarono a permeare ogni livello del pensiero musicale, sia che riguardassero stili, forme, espressioni e metodi compositivi, sia che affrontassero questioni relative alla rappresentazione scenica.

La correlazione tra musica e principi retorici è dunque uno degli aspetti più peculiari del razionalismo musicale barocco e ha contribuito grandemente allo sviluppo della teoria musicale e dell'estetica di quel periodo. La preoccupazione principale riguardava l'impatto che i vari stili musicali avevano sul significato e sull'intelligibilità delle parole, e praticamente ogni elemento che riguardava la musica di quel periodo veniva collegato, direttamente o indirettamente, a concetti retorici.

Ma, sebbene le relazioni tra la musica e le artes dicendi (grammatica, retorica, dialettica) sembrino intuitive, molto resta ancora da comprendere sul loro funzionamento. Questi rapporti non sono chiari anche perché musicisti e musicologi moderni non sono preparati nelle discipline retoriche, che dall'inizio del XIX secolo sono in gran parte scomparse dalla maggior parte dei sistemi educativi. Fu solo agli inizi del XX secolo che gli storici della musica riscoprirono l'importanza della retorica come base di concetti estetici e teorici nella musica dei secoli precedenti. Un'intera dottrina che un tempo era stata comune ad ogni uomo colto, ha dovuto essere riscoperta e ricostruita: solo ora si sta iniziando a capire quanta musica occidentale dipenda da concetti retorici. Fu Claudio Monteverdi (1567-1643) a dare un fondamentale contributo teorico e pratico al ruolo giocato dagli "affetti" in musica. Monteverdi elabora una retorica musicale che si pone il compito di come muovere emozioni e sentimenti nell'ascoltatore attraverso la musica.

La teoria degli affetti (in tedesco Affektenlehre) può considerarsi la prima forma retorica (in tedesco Figurenlehre) adottata nella storia della musica, infatti puntava a muovere gli affetti dell'uditorio; già i greci avevano la concezione che la musica potesse suscitare emozioni: è proprio da questo concetto che i teorici e i musicisti dell'epoca attingono per applicarlo alla loro musica.

Tra il '500 ed il '600 la teoria musicale identificava ogni affetto con un diverso stato dell'animo (es. gioia, dolore, angoscia) identificati da specifiche figure musicali definite figurae o licentiae (licenze). La loro particolarità era contraddistinta da anomalie nel contrappunto, negli intervalli e nell'andamento armonico, appositamente inserite per suscitare un particolare suggestione. Athanasius Kircher - gesuita matematico, musicologo ed occultista tedesco - nel suo Musurgia universalis (1650) afferma:

«La retorica  ora allieta l'animo, ora lo rattrista, poi lo incita all'ira, poi alla commiserazione, all'indignazione, alla vendetta, alle passioni violente e ad altri effetti; e ottenuto il turbamento emotivo, porta infine l'uditore destinato ad essere persuaso a ciò cui tende l'oratore. Allo stesso modo la musica, combinando variamente i periodi e i suoni, commuove l'animo con vario esito.»

Nelle opere di Monteverdi, le tecniche musicali collegate alla sfera emotiva furono gradualmente standardizzate, ed in seguito accolte nelle opere degli altri compositori. Secondo lui, le passioni dell'animo umano degne d'esser tradotte in musica sono tre: ira, temperanza e umiltà, a cui corrispondono sia le tre qualità naturali della voce, "alta, bassa o mezzana", che dal punto di vista musicale, lo stile "concitato, quello "molle" e quello "temperato". Ad esempio, se il testo riguarda un combattimento, lo stile musicale è "concitato", uno stile creato dallo stesso Monteverdi, fatto di ritmi concitati, note di brevissimo valore e sequenze di accordi dissonanti. Nei passaggi più descrittivi, invece, viene impiegato lo stile "temperato", giri melodici più distesi e accordi consonanti. Queste tecniche si basavano su formule mutuate dalla retorica letteraria e ne riproducevano gli stessi meccanismi. Ad ogni formula o figura vengono assegnati alcuni significati, che poi diventano la base di una serie di formule espressive. Le riflessioni teoriche e le invenzioni musicali di Monteverdi diedero un contributo fondamentale soprattutto allo sviluppo del melodramma, il genere musicale che vedrà il trionfo della Scuola italiana nei secoli successivi.

Lorenzo Fiorito

Claudio Monteverdi
Claudio Monteverdi

Suono

Il suono è un fenomeno prodotto dalle vibrazioni di un corpo elastico che si trasmettono attraverso l'aria, ma anche l'acqua o un solido. Le vibrazioni così prodotte e trasmesse sotto forma di onde sonore diventano suono quando raggiungono il nostro orecchio, e, trasformate in impulsi nervosi, vengono recepite dal cervello come sensazione uditiva. Il fenomeno sonoro è un sistema complesso di variazioni periodiche di pressione che si propagano in tutte le direzioni per azione e reazione delle molecole del mezzo di diffusione. Il timpano recepisce tali variazioni riproducendole e trasmettendole all'orecchio interno, fino al nervo uditivo. Ma i suoni non sono mere riproduzioni mentali degli stimoli acustici. Sono invece elaborazioni complesse, che prevedono processi psicofisici di riconoscimento, analisi e risposta emotiva. Allo stimolo acustico esterno corrisponde un oggetto sonoro interno, così come alla percezione visiva corrisponde l'immagine di un oggetto. Mentre però, ad esempio, la vista e il tatto trasmettono informazioni sulla realtà che supponiamo materialmente esistente al di fuori di noi, il suono, come il sapore o l'odore, rimanda ad una proprietà che attribuiamo agli oggetti. Non è dunque per caso che definiamo suoni, sapori e odori con gli stessi aggettivi (dolce, avvolgente, aspro, acuto). A differenza degli ultimi, però, il suono è meglio caratterizzato a livello oggettuale: una struttura sonora ha per noi anche volume, colore, proporzione, tutte caratteristiche abbinate anche all'oggetto visivo.L'elaborazione mentale dell'oggetto sonoro e la possibilità di definirlo attraverso una serie di qualità, alcune delle quali misurabili, permette infine di connotare il suono in senso estetico: suoni e aggregati sonori possono essere belli o brutti. Ma non solo: i suoni possono esaltare o deprimere, rallegrare o rendere tristi, rilassare o eccitare. Ciò accade all'ascolto spontaneo dei suoni che ci circondano, ma anche di quelli che produciamo. Come disse Boezio, il maggiore teorico musicale della tarda antichità, "nulla è così strettamente umano quanto l'abbandonarsi a dolci armonie e il sentirsi infastiditi da quelle discordanti, e questo non si limita a gusti individuali, o a specifiche età, ma abbraccia le tendenze di tutti ... quindi a ragione Platone disse che l'anima del mondo è in stretto rapporto con l'armonia musicale" (Boezio, De institutione musica, I,1).

Rumore

A differenza del suono timbricamente determinato, il rumore è formato da suoni di frequenze che non si susseguono secondo il vincolo armonico. Del rumore è misurabile solo l'intensità, ma ciò non significa che il rumore non abbia timbro; anzi, ogni oggetto sonoro ha per l'orecchio umano una specifica identità timbrica che risulta essenziale al riconoscimento della fonte sonora. Così, ad esempio, è chiaramente avvertibile a parità di intensità e durata la differente percezione acustica provocata da un oggetto di vetro che cade frantumandosi e da un martello che colpisce un chiodo. L'analisi spontanea degli stimoli acustici è sviluppata sulla base dell'esperienza quotidiana dei gesti sonori, la cui categorizzazione si affina gradualmente nel lungo corso dell'apprendimento umano.

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