Morto Allan Holdsworth Il re della chitarra amato dai chitarristi
Dalla critica era considerato come Hendrix Ma lui suonava jazz, fusion e sperimentava
Antonio Lodetti - Mar, 18/04/2017 - 08:30
Era schivo e non amava la musica commerciale... Non tutti conoscono Allan Holdsworth - morto ieri a 71 anni - ma il chitarrista inglese (che viveva in California dai primi anni Ottanta) è stato uno dei musicisti più amati dagli appassionati e dagli stessi artisti.
Non a caso la rivista Guitar Player lo aveva inserito tra i chitarristi più importanti accanto a pesi massimi come Chuck Berry, Jimi Hendrix, Eddie Van Halen. Non solo, ma genii artistici come Frank Zappa lo hanno sempre ammirato. Che tipo di musica suonava? Difficile spiegarlo a parole, anche se ha quasi sempre suonato con artisti jazz e fusion, ma il suo stile, prevalentemente strumentale, era talmente virtuoso, tecnico e innovativo da dribblare qualsiasi definizione. Per capire meglio le sue mille collaborazioni, basti pensare che ha lavorato con i Level 42 (dal vivo dopo la morte del loro chitarrista Alan Murphy e nell'album Guaranteed) con il batterista Billy Cobham e con i fratelli Brecker.
Era molto ammirato per la sua tecnica (anche se alcuni lo consideravano troppo freddo) ma non badava ai gusti e alle opinioni di pubblico e critica. «Non pretendo di piacere a tutti - amava dire - ma se almeno la mia musica arriva ad un venti per cento di persone sarò soddisfatto». Per comprenderlo ulteriormente, i suoi chitarristi di riferimento sono Django Reinhardt, Charlie Christian e Joe Pass, ma anche sassofonisti come John Coltrane, infatti la sua chitarra spesso ha uno stile che ricorda il sassofono, di cui si era innamorato da ragazzino. Quasi impossibile ricostruire le sue mille collaborazioni, che spaziano dal jazz rock dei gloriosi Nucleus e Soft Machine (da non perdere le sue sperimentazioni nell'album del 1974 Bundles) e l'album Believe It, in cui lavora con la band dell'ex batterista prodigio (al fianco di Miles Davis) Tony Williams. «Io vado dove mi portano le buone vibrazioni - ricordava Holdsworth - non mi faccio scrupoli a passare da un genere all'altro quando sento il feeling che mi scorre nelle vene». Per questo è sempre entrato regolarmente nelle classifiche dei migliori chitarristi stilate dalla rivista Guitar Player. I suoi album solisti sono complessi e trasversali, come Secrets, uno dei suoi primi lavori registrato nel suo studio di registrazione chiamato The Brewery. Tra una collaborazione e una tournée ha inciso album come None Too Soon, dove rilegge alla sua maniera Coltrane e Reinhardt accanto a Irving Berlin e alla beatlesiana Norwegian Wood, ma soprattutto va ricordato quanto fossero «avanti» le sue composizioni. Nonostante le centinaia di concerti (da ricordare il tour del 2008-2010 con il supergruppo formato dai batteristi Terry Bozzio e Pat Mastelotto e dal bassista Tony Levin) Holdsworth ha registrato solo tre album dal vivo, I.O.U. Live, All Night Wrong e Then!, gli ultimi due del 2002 e del 2003, quando si dedicava assiduamente alla ricerca sull'elettronica e sull'improvvisazione. «Ci sono ancora tante potenzialità nascoste nelle sonorità della chitarra e io voglio scoprirle tutte», diceva. Il suo testamento sonoro è Tales From the Vault, apparso nel luglio dell'anno scorso.